Cybercrime: Cosa è, Come Difendersi e Quali sono le Sanzioni
Il cybercrime, o crimine informatico, si riferisce a qualsiasi attività illecita che avviene nel cyberspazio. Con l’aumento delle tecnologie digitali e della connessione globale, i reati informatici sono diventati sempre più frequenti e sofisticati. Gli avvocati penalisti specializzati in **cybercrime** giocano un ruolo cruciale nella difesa di chi viene accusato di questi crimini e nella protezione dei diritti delle vittime.
Cosa si Intende per Cybercrime?
Il termine “cybercrime” copre un’ampia varietà di reati, tra cui:
1. Accesso abusivo a sistemi informatici: Quando qualcuno accede a un sistema senza autorizzazione, violando la privacy di individui o aziende. In Italia, l’art. 615-ter del Codice Penale disciplina questo tipo di reato.
2.Frodi informatiche: Il reato di frode commesso utilizzando strumenti informatici o telematici, previsto dall’art. 640-ter del Codice Penale. Questo reato riguarda truffe che sfruttano mezzi tecnologici, come il furto di dati bancari attraverso il phishing.
3.Diffusione di virus o malware: Il reato consiste nella creazione e diffusione di software dannoso che compromette la sicurezza di computer e reti. Questo include il cosiddetto ransomware, che blocca l’accesso ai dati delle vittime fino al pagamento di un riscatto.
4. Furto d’identità digitale**: L’acquisizione e l’utilizzo illecito di dati personali di un individuo o un’azienda per truffe o altre attività criminali, come l’apertura di conti bancari a nome di altre persone.
5.Cyberstalking: L’uso delle tecnologie digitali per molestare, minacciare o perseguitare una persona.
6. Pedopornografia online: Questo tipo di reato, gravemente sanzionato in Italia, comprende la diffusione e il possesso di materiale pornografico che coinvolge minori. È regolato dall’art. 600-ter del Codice Penale.
7. **Reati di hacking e cracking: L’hacking implica l’intrusione non autorizzata nei sistemi informatici al fine di ottenere informazioni o danneggiare un sistema. Il cracking, invece, comporta la modifica di software per scopi illegali.
Le Conseguenze Legali del Cybercrime
In Italia, il cybercrime è disciplinato da una serie di articoli del Codice Penale, integrati da normative specifiche per il mondo digitale. Le sanzioni variano in base alla gravità del reato e possono includere:
– Multe salate: Le frodi informatiche e altri reati economici digitali possono comportare pesanti sanzioni pecuniarie.
– Reclusione: Reati più gravi come l’accesso abusivo a sistemi informatici, la pedopornografia o il furto di identità digitale possono portare a pene detentive fino a diversi anni.
– Confisca dei beni: In alcuni casi, i beni usati per commettere il reato (computer, server) possono essere confiscati dalle autorità.
Inoltre, è importante sottolineare che i reati informatici non si limitano ai confini nazionali, ma spesso coinvolgono più Paesi. Per questo motivo, le indagini sul cybercrime possono richiedere la cooperazione internazionale tra forze di polizia.
Come Difendersi dalle Accuse di Cybercrime
Essere accusati di un reato informatico può avere gravi conseguenze. Ecco alcune strategie difensive che un **avvocato penalista esperto in reati informatici** potrebbe adottare:
1. Esame delle prove: Le accuse di cybercrime spesso si basano su prove elettroniche. Un buon avvocato esaminerà attentamente queste prove per verificare la loro validità e per individuare eventuali errori nelle procedure di raccolta delle stesse.
2. Difesa tecnica: Gli avvocati possono collaborare con esperti informatici per dimostrare che il dispositivo dell’accusato è stato compromesso da terze parti o che l’attacco informatico è stato orchestrato da qualcun altro.
3. Verifica della legittimità delle intercettazioni**: La raccolta di dati personali o le intercettazioni telematiche devono avvenire in conformità con la legge. Qualsiasi prova ottenuta illegalmente può essere contestata in tribunale.
4. Dimostrazione di mancata volontarietà**: In alcuni casi, le persone possono essere accusate di cybercrime senza una reale intenzione di commettere un reato, ad esempio quando un dispositivo è infettato da malware o viene utilizzato da un terzo senza il consenso del proprietario.
Prevenzione del Cybercrime
Per le aziende e i privati cittadini, prevenire il cybercrime è fondamentale. Alcune misure di prevenzione includono:
– Utilizzo di software di sicurezza aggiornati**: Antivirus e firewall possono proteggere i dispositivi dalle intrusioni.
– Formazione: Personale e utenti devono essere istruiti su come riconoscere minacce come il phishing o il malware.
– Backup regolari dei dati**: In caso di attacco ransomware, avere una copia di backup dei dati consente di evitare di pagare il riscatto.
Conclusione
Il cybercrime è una realtà sempre più diffusa nel mondo moderno, che coinvolge privati, aziende e istituzioni. La complessità e la sofisticazione di questi reati richiede l’intervento di avvocati penalisti specializzati in diritto informatico. Se sei coinvolto in un caso di cybercrime, rivolgiti a uno studio legale specializzato per ricevere assistenza e proteggere i tuoi diritti.
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Se ti trovi nella Capitale e hai bisogno di assistenza legale in ambito penale, trovare un avvocato penalista a Roma può essere essenziale per garantire la tua difesa. Il diritto penale è un settore complesso, e avere al proprio fianco un professionista competente e specializzato può fare la differenza nel corso di un procedimento giudiziario.
### Quando è necessario un avvocato penalista a Roma?
La figura dell’avvocato penalista è fondamentale in tutte quelle situazioni in cui sei accusato di un reato o sei vittima di uno. Tra i casi più comuni in cui potresti avere bisogno di un avvocato penalista a Roma ci sono:
– Accuse di reati contro la persona**, come aggressione o violenza.
– Crimini contro il patrimonio**, come furto, rapina o frode.
– Reati legati alla criminalità organizzata** o al traffico di stupefacenti.
– Reati economici** o legati a frodi fiscali.
Come scegliere un buon avvocato penalista a Roma?
La scelta di un avvocato penalista a Roma deve essere fatta con attenzione, tenendo in considerazione diversi fattori:
1. Esperienza: Optare per un avvocato con esperienza documentata nel trattare casi simili al tuo è cruciale. Un legale che conosce bene il sistema giudiziario di Roma, le corti e i giudici, può offrirti un vantaggio.
2. Recensioni e feedback: Cercare feedback online, leggere recensioni e chiedere referenze a chi ha già avuto esperienza con il professionista possono essere elementi importanti nella tua decisione.
3. Specializzazione: Se il tuo caso riguarda un settore specifico del diritto penale, come ad esempio i reati economici o quelli contro la pubblica amministrazione, assicurati che l’avvocato abbia una preparazione adeguata in quel campo.
Perché scegliere uno studio legale penalista a Roma?
Roma, essendo una delle città più grandi d’Italia, offre un’ampia scelta di studi legali specializzati in diritto penale. Affidarsi a uno **studio legale penalista a Roma** con una lunga esperienza sul territorio è fondamentale per affrontare con successo qualsiasi tipo di controversia legale. Gli avvocati che operano nella Capitale hanno spesso una conoscenza approfondita del diritto penale locale e possono offrire un supporto più specifico rispetto a legali che operano in altre regioni.
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Avvocato penalista: ruolo e competenze in ambito legale
Un avvocato penalista è un professionista specializzato nel diritto penale, il ramo del diritto che si occupa di reati e delle relative sanzioni. Questo tipo di avvocato assiste i propri clienti in tutte le fasi del processo penale, sia in qualità di difensore dell’imputato che di parte civile, rappresentando le vittime dei reati.
Quando è utile rivolgersi a un avvocato penalista?
Rivolgersi a un avvocato penalista è fondamentale quando si è coinvolti in procedimenti che riguardano reati di varia natura, come:
– Delitti contro la persona (es. omicidio, lesioni, minacce)
– Reati contro il patrimonio (furto, rapina, truffa)
– Criminalità economica (frode, riciclaggio, bancarotta)
– Reati informatici, sempre più diffusi nell’era digitale
Competenze e attività principali
Un avvocato penalista non si limita a rappresentare i propri clienti in tribunale. Le sue principali competenze includono:
-Consulenza legale preventiva: fornire chiarimenti su questioni penali prima che insorgano problematiche legali.
-Assistenza in fase di indagini preliminari**: supporto durante gli interrogatori, la raccolta di prove e la fase istruttoria.
-Difesa processuale: rappresentare l’imputato o la parte lesa durante il processo, presentando argomentazioni a favore o contro le accuse.
Perché scegliere un avvocato penalista esperto?
Affidarsi a un avvocato penalista esperto può fare la differenza in un processo penale. Un legale con anni di esperienza è in grado di analizzare a fondo le prove, formulare strategie di difesa efficaci e garantire il rispetto dei diritti del cliente.
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Cass. Sez. III n.26325 del 21 settembre 2020 (UP 3 lug 2020) Pres.Andreazza Est. Semeraro Ric. Stallone Beni Ambientali.Spontanea rimessione in pristino
La speciale causa estintiva, prevista dall’art. 181 comma 1-quinquies d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 opera a condizione che l’autore dell’abuso si attivi spontaneamente alla rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincolo paesaggistico, anticipando l’emissione del provvedimento amministrativo ripristinatorio. L’applicabilità di tale causa estintiva è subordinata al fatto che la rimessione in pristino da parte dell’autore dell’abuso sia spontanea e non eseguita su impulso dell’autorità amministrativa. L’estinzione si ha, pertanto, solo quando non sia stata ancora disposta d’ufficio dalla P.A.; è necessario cioè che l’autore dell’abuso si attivi spontaneamente alla rimessione in pristino e, quindi, prima che la P.A. la disponga, perché l’effetto premiale può realizzarsi solo in presenza di una condotta che anticipi l’emissione del provvedimento amministrativo ripristinatorio.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza del 26 giugno 2019 la Corte di appello di Palermo ha confermato la condanna inflitta a Gaetano Stallone ed Agata Indelicato dal Tribunale di Marsala alla pena di un mese di arresto ed € 57.000 di ammenda per i reati di cui agli artt. 95 d.P.R. 380/2001 (capo B), 181 comma 1-bis d.lgs. 42/2004 (capo C), 734 cod. pen. (capo D) per la costruzione di una sopraelevazione di 59 mq. e di una tettoria, alle spalle della sopraelevazione, di circa mq. 18, in zona sismica, senza il necessario preavviso e senza la necessaria autorizzazione, in zona vincolata senza autorizzazione paesistica, in zona di notevole interesse pubblico alterando le bellezze naturali. In Campobello di Mazara fino al 18 gennaio 2016.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore degli imputati. 2.1. Con il primo motivo si deduce il vizio della motivazione; la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che i ricorrenti abbiano demolito le opere per le quali hanno ottenuto la concessione in sanatoria del 17 marzo 2017; con tale concessione sarebbero stati sanati gli abusi commessi dal precedente proprietario dell’immobile e parte degli illeciti commessi dai ricorrenti, tra cui una scala in cemento armato. La corte territoriale avrebbe ritenuto erroneamente che i motivi di appello siano contraddittori. Vi sarebbe una evidente illogicità o contraddittorietà della motivazione della sentenza. 2.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio della motivazione con riferimento al capo c), ex art. 181 comma 1-bis d.lgs. 42/2004. Sarebbe stata omessa la risposta al primo motivo di appello su tale capo. 2.3. Con il terzo motivo si deducono i vizi di violazione di legge e della motivazione in relazione al reato ex art. 734 cod. pen. La Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che la concessione in sanatoria non abbia estinto il reato ex art. 734 cod. pen., in contrasto con quanto previsto dall’art. 39 comma 7 della legge 724/1994. Mancherebbe poi la motivazione con riferimento al quarto motivo di appello relativo alla mancanza di motivazione della sentenza di primo grado sulla sussistenza di una permanente menomazione della bellezza del luogo e sulla concreta idoneità della condotta di deturpamento. 2.4. Con il quarto motivo si deduce la violazione dell’art. 181 comma 1- quinquies d.lgs. 42/2004. La Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che, per aversi l’estinzione del reato, la demolizione avrebbe dovuto precedere la sentenza di condanna e l’emissione del provvedimento di demolizione da parte dell’autorità amministrativa. Invece, l’art. 181 comma 1-quinquies consentirebbe l’effetto estintivo, in caso di demolizione prima della sentenza di condanna, anche nel caso di demolizione successiva all’ingiunzione amministrativa. La demolizione sarebbe avvenuta prima della citazione a giudizio e ciò emergerebbe dalla richiesta di dissequestro dell’immobile, presentata alla Procura della Repubblica di Marsala, per procedere alla demolizione delle opere. 2.5. Con il quinto motivo si deducono i vizi di violazione di legge e della motivazione sul rigetto della richiesta di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.; il rigetto sarebbe fondato sull’abitualità delle condotte. I ricorrenti avrebbero invece dimostrato che le opere abusive realizzate al primo piano furono realizzate dal precedente proprietario (Antonino Bono) che il 30 giugno 1986 presentò l’istanza per la sanatoria. Nessun procedimento per illeciti edilizi sarebbe sorto a carico degli imputati. Inoltre, l’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. deriverebbe dalla scarsa consistenza delle opere abusive con minima lesione dell’interesse protetto, anche a seguito della demolizione delle opere. 2.6. Con il sesto motivo si deduce il vizio della motivazione in relazione all’art. 95 d.P.R. 380/2001; la Corte di appello ha ritenuto che il reato ex art. 95 non possa essere dichiarato estinto poiché le opere abusive non sarebbero state sanate ma demolite. Invece, parte delle opere abusive sarebbero state sanate dal permesso di costruire n. 27 del 17 marzo 2017.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è manifestamente infondato. Nella sentenza non vi è alcuna contraddittorietà: la corte territoriale ha chiaramente distinto le opere oggetto della concessione in sanatoria del marzo del 2017 – che non riguardano quelle oggetto del capo di imputazione (come invece ritenuto erroneamente dal Tribunale di Marsala, in relazione al capo a, ma confermato dai ricorrenti) – e quelle demolite, oggetto dell’imputazione (cfr. pagina 5 punto 5). Né l’eventuale erronea qualificazione dei motivi di appello come contraddittori inciderebbe sulla ratio decidendi.
2. Manifestamente infondati sono il secondo ed il quarto motivo: la Corte di appello ha esplicitamente motivato sulla sussistenza del reato di cui al capo c), ex art. 181 comma 1-bis d.lgs. 42/2004, valutando non solo la realizzazione delle opere in zona vincolata, senza il preventivo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, ma anche l’irrilevanza della demolizione eseguita non spontaneamente dagli imputati. 2.1. La demolizione è stata effettuata a seguito dell’emissione dell’ingiunzione alla demolizione, il 22 febbraio 2016, da parte del comune di Campobello di Mazara. Orbene, va rilevato che è contestato agli imputati il reato di cui all’art. 181 comma 1-bis d.lgs. 42/2004, poiché l’opera è stata realizzata in area sottoposta a vincolo di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori, per cui non opera la causa estintiva di cui al comma 1-quinquies. 2.2. Va ribadito il principio per cui la rimessione in pristino delle aree o degli immobili assoggettati a vincolo paesaggistico, spontaneamente eseguita dal trasgressore, per la sua natura eccezionale, estingue solo il reato previsto dal comma primo e non dal comma 1-bis, dell’art. 181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Sez. 3, n. 33542 del 19/06/2012, Cavaletto, Rv. 253139-01). 2.3. In ogni caso, anche ove si volesse ritenere che la condanna sia avvenuta per il comma 1 dell’art. 181 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, la decisione della Corte di appello è corretta. Infatti, la speciale causa estintiva, prevista dall’art. 181 comma 1-quinquies d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 – «La rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici da parte del trasgressore, prima che venga disposta d’ufficio dall’autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il reato di cui al comma 1» – opera a condizione che l’autore dell’abuso si attivi spontaneamente alla rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincolo paesaggistico, anticipando l’emissione del provvedimento amministrativo ripristinatorio: cfr. in tal senso Sez. 3, n. 37822 del 12/06/2013, Battistelli, Rv. 25651801. Come osservato dalla sentenza Battistelli, l’applicabilità della speciale causa estintiva di cui all’art. 181 comma 1-quinquies è subordinata al fatto che la rimessione in pristino da parte dell’autore dell’abuso sia spontanea e non eseguita su impulso dell’autorità amministrativa. L’estinzione si ha, pertanto, solo quando non sia stata ancora disposta d’ufficio dalla P.A.; è necessario cioè che l’autore dell’abuso si attivi spontaneamente alla rimessione in pristino e, quindi, prima che la P.A. la disponga, perché l’effetto premiale può realizzarsi solo in presenza di una condotta che anticipi l’emissione del provvedimento amministrativo ripristinatorio. Se si fosse voluto far riferimento solo alla sentenza di condanna non avrebbe avuto alcun senso richiamare il provvedimento disposto d’ufficio dalla P.A.; il legislatore ha voluto porre l’accento sul carattere (necessariamente) spontaneo della rimessione in pristino per farne derivare l’effetto estintivo del reato.
3. Manifestamente infondato è il terzo motivo relativo al reato ex art. 734 cod. pen.: come chiaramente rilevato dalla Corte di appello, la concessione in sanatoria non si riferisce alle opere oggetto dell’imputazione sicché gli effetti non sono minimamente invocabili nel processo. Contrariamente a quanto si afferma nel ricorso, vi è poi una esplicita motivazione da parte della Corte di appello sulla sussistenza del reato ex art. 734 cod. pen. per le dimensioni dell’opera, realizzata in sopraelevazione di altra abusiva, e non ancora condonata al momento della costruzione, in zona sottoposta a vincolo ambientale, a 500 metri dal mare.
La norma, ormai ventennale, ha rivoluzionato il panorama normativo italiano perché ha dei tratti di interdisciplinarietà che permettono la collaborazione di diverse tipologie di professionisti per la sua corretta applicazione, con il risultato di avere una visione d’insieme della società e della realtà in cui la stessa opera.
Mira alla tutela dell’Azienda dai comportamenti non corretti di coloro che al suo interno agiscono per profitti personali.
Grazie all’adozione di un Modello 231, l’Azienda al suo interno decide di seguire direttive di contenuto etico e morale per poter operare nella trasparenza e nella legalità.
D’altronde anche l’art. 2086, comma II, c.c. (introdotto dal D.Lgs. n. 14/2019) impone a tutte le società di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa.
La creazione di un Sistema di Gestione è un insieme di regole, procedure e modalità: è strettamente legato alle caratteristiche dell’Impresa, all’attività svolta, ai processi produttivi che vengono utilizzati, al contesto in cui opera e agli interlocutori con cui si interfaccia.
Prevede la preventiva individuazione delle aree di rischio e la creazione di principi e procedure di controllo che possano tutelare l’Impresa dalla commissione dei reati.
Comprende l’adozione di un Codice Etico, a salvaguardia dei comportamenti da tenere, e di un conseguente sistema disciplinare e sanzionatorio.
Ogni Ente o Società che voglia garantire una corretta gestione aziendale, deve dotarsi di un proprio Modello ex D.Lgs n. 231/01 che comprenda una corretta mappatura delle aree dell’attività aziendale sensibili al rischio di commissione dei reati.
È necessaria una capillare attività di intervista al fine di analizzare i processi aziendali più a rischio e di conseguenza, adeguare ed aggiornare al meglio il Modello sulla realtà aziendale.
L’applicazione di tale Modello deve essere controllata mediante un Organismo di Vigilanza, autonomo ed indipendente, che possa vigilare sulla sua adeguatezza e sanzionare le violazioni e gli scostamenti dallo stesso.
Il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo
Il secondo strumento esimente previsto dal D.Lgs. 231/2001, è la dotazione da parte dell’Ente del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo.
Potremmo definirlo come il “codice” di cui l’Ente si dota per evitare il rischio-reato, ovvero per escludere che dalle condotte poste in essere da apicali o subordinati, nell’interesse o a vantaggio dell’Ente, possa insorgere anche una responsabilità dell’Ente medesimo, con gravissime conseguenze in termini di sanzioni e misure interdittive, anche cautelari.
Il MOGC, che verrà redatto dallo studio dopo una scrupolosa analisi di risk assesment, sarà oggetto di costanti verifiche da parte dell’Organismo di Vigilanza, sia in termini di efficacia del Modello, sia in termini di revisione in caso di mutamento del business aziendale o di intervento legislativo che incida sul catalogo dei reati presupposto.
Le diverse aree di provenienza delle due Professioniste consentiranno di mappare ogni attività o settore dell’organizzazione aziendale, individuando una matrice dei rischi che costantemente vagliata con specifici audit dell’OdV, consentirà all’Ente di andare esente da ogni censura.
Perchè prevedere all’interno dell’Azienda la nomina di un OdV?
L’Azienda, con le previsioni della D.Lgs. n. 231/2001, viene attratta nella responsabilità per i reati commessi dalle persone che operano al suo interno a diverso titolo, se si dimostri che il reato è stato commesso per procurare un vantaggio all’Azienda stessa. L’Azienda, quindi, potrebbe essere soggetta a diverse sanzioni, tra le quali anche alcune di tipo interdittivo che possono portare alla sospensione dell’attività aziendale. Non solo. Possono anche essere revocati benefici, possono essere confiscati beni aziendali, o si può incorrere in pesanti sanzioni pecuniarie.
Alcune di tali sanzioni possono essere applicabili anche in una fase cautelare e portano all’arresto della continuità aziendale. Con un adeguato Modello 231, generalmente, l’Azienda è salva dalle sanzioni che intervengono in fase cautelare.
Sono pertanto necessarie le seguenti fasi:
Adozione e progettazione del Modello
Attuazione e messa in opera dello stesso
Controllo del Modello ad opera dell’ODV.
Possiamo intervenire nella Vostra Azienda sia nella fase di adozione e progettazione del Modello, nella attuazione e messa in opera dello stesso e nel controllo come come Organismo di Vigilanza.
Cosa è l’Organismo di Vigilanza
È la componente centrale del Modello organizzativo 231.
Può essere monocratico e interno, tuttavia la collegialità ed il fatto che i suoi componenti siano esterni all’Azienda darà maggiori garanzie sulle caratteristiche richieste dalla Legge: l’autonomia, l’indipendenza, la professionalità e la continuità di azione.
l’Organismo di Vigilanza, dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, vigila sul funzionamento e l’osservanza del Modello di Gestione e ne cura l’aggiornamento. È una unità organizzativa dell’impresa a servizio dell’organo amministrativo.
L’Organismo di Vigilanza non ha un potere di gestione dell’Impresa, ma di mero controllo interno.
L’OdV deve garantire
Indipendenza
Autonomia
Continuità di azione
Professionalità
Onorabilità
L’OdV può essere un organo esterno e collegiale, composto da tre membri.
È il nostro obiettivo mettere le nostre professionalità a servizio delle Aziende interessate e capire le reali esigenze per poter selezionare il terzo membro tra diversi professionisti con cui collaboriamo da anni.
Cosa fa l’Odv
Propone gli adattamenti e gli aggiornamenti necessari al Modello a seguito di mutamenti interni o esterni, di normative o dell’organizzazione societaria al fine di garantirne la massima efficacia per la corretta applicazione.
Vigila e controlla l’efficace attuazione del Modello stesso, tramite flussi informativi costanti e tracciati.
Gestisce e monitora la formazione dei destinatari per la comprensione e la corretta applicazione del Modello.
Garantisce una continuità di azione, per avere la massima efficacia sul controllo e la gestione del Modello.
Verifica che il Modello adottato dall’impresa sia efficiente ed efficace per la prevenzione dei reati previsti.
Rileva gli eventuali scostamenti dal Modello grazie all’analisi costante dei flussi informativi.
Gestisce le segnalazioni che arrivano dall’Azienda.
Tramite incontri verbalizzati tiene traccia del suo costante operato e predispone una relazione periodica per l’organo dirigente e per il Collegio Sindacale sull’attività di verifica e controllo.
L’indipendenza viene garantita rispetto a tutti gli organi aziendali, deve essere assicurato libero accesso a tutte le funzioni della società per gestire al meglio il corretto funzionamento del Modello.
L’OdV può avvalersi di tutti i consulenti esterni che ritenga possano essere utili alla realtà aziendale per l’adeguamento del Modello.
Perché scegliere lo Studio Penale Scialla per la redazione e gestione di un modello 231/2021 o lo svolgimento di incarico di ODV
Il D.Lgs. 231/2001 richiede che l’Organismo di Vigilanza sia formato da professionisti, scelti dai vertici aziendali, dopo un’attenta analisi delle loro capacità professionali ed esperienza sul campo.
Garantiamo un aggiornamento costante con master di specializzazione, nonché con i rispettivi percorsi professionali che, integrandosi vicendevolmente, consentono di offrire una consulenza che costituisca un valore aggiunto per l’Ente.
Non un costo, ma un investimento, che garantirà l’Ente sia in termini economici che reputazionali.